sabato 28 novembre 2009

Free LEONARD PELTIER





Si dichiara un prigioniero politico nelle mani di Barack Obama.
Dopo oltre trent’anni trascorsi dietro le sbarre, l’attivista indiano Leonard Peltier non ha più molte speranze di uscire vivo dal carcere.
In prigione dal 1977 per un crimine di cui si è sempre dichiarato innocente, l’omicidio di due agenti dell’FBI, Peltier ha ricevuto l’ennesimo rifiuto alla richiesta di libertà condizionale.
Il Procuratore federale Drew Wrigley ha dichiarato che la sua scarcerazione avrebbe “favorito la mancanza di rispetto per la legge”.
Un’affermazione che ha il sapore di una beffa, visto che negli stessi giorni in cui veniva pronunciata i solerti tutori dell'ordine a stelle e strisce provvedevano a rimettere in libertà Lynette “Squeaky” Fromme, una seguace delle setta di Charles Manson che nel 1975 attentò alla vita del presidente Ford.

64 anni, malato di diabete e di pressione alta, Leonard Peltier rimane un caso emblematico di come funzioni la giustizia americana.
Dopo questo rifiuto l’attivista indiano - che, ripetiamo, si è sempre dichiarato innocente - potrà fare nuovamente richiesta di libertà condizionale soltanto nel 2024 quando, se sarà ancora vivo, avrà 80 anni.

Le associazioni che da anni sono mobilitate per la liberazione di Peltier ritengono scandalosa e del tutto politica la decisione della U.S. Parole Commission.
E sperano anche loro in Barack Obama, che proprio ai primi di novembre ha incontrato i rappresentati delle 564 tribù indiane.
FREE LEONARD PELTIER now!!!


Per scrivere a Leonard:

Leonard Peltier
#89637-132
USP-Lewisburg
US Penitentiary
PO BOX 1000
Lewisburg,PA 17837
U.S.A.

E' indispensabile scrivere sulla busta l'indirizzo completo del mittente, altrimenti la lettera non verrà recapitata. Non può essere inviato denaro, CD o cassette musicali, foto-polaroid o articoli di giornale. Sono accettatte le fotografie normali e le cartoline.

domenica 15 novembre 2009

Ascoltati questa settimana



CORNERSHOP "Judy Sucks A Lemon For Breakfast", NIKKI SUDDEN & PHIL SHOENFELT "Golden Vanity", THE MONKEES "I'm a believer", THE KINKS "Singles collection", AA.VV. "Wheedle's Groove", JULIAN COPE "Peggy Suicide", THE PIXIES "Doolittle", NIAGARA & THE HITMEN "St. Valentine's Day Massacre", FUNNY DUNNY "Things Have Changed", THE DIRTBOMBS "We Have You Surrounded", X "Under The Big Black Sun", BARRACUDAS "Through The Mysts Of Time", BABY WOODROSE "Baby Woodrose", THE SOUL MOVERS "On The In Side", THE KINKS "Face To Face", TONY FACE BIG ROLL BAND "Old Soul Rebel", THE HELLACOPTERS/FLAMING SIDEBURNS "White Trash Soul!"...

venerdì 13 novembre 2009

Il Csoa Cartella, la lotta al Ponte e quegli strani avvertimenti



Non è la prima volta che succede, ma è la più grave.

Il Centro Sociale "A. Cartella" di Gallico (Reggio Calabria), occupato dal 2002, è stato già vittima di attentati incendiari, di danneggiamenti e scritte sui muri.

E' accaduto ancora un paio di giorni fa: solo che questa volta all'imbrattamento della sede (sul grande murales del Che è apparsa una svastica, oltre a vari slogan farneticanti) sono seguiti dei volantini di chiaro stampo nazista affissi in anche in giro per la città.

Nel corso di questi anni, il Csoa "Cartella" si è distinto non soltanto per le sue attività antagoniste, ma anche per un ruolo propulsivo all'interno del quartiere e della città: dal mercatino equo-solidale ai concerti, dagli appuntamenti teatrali a quelli di poesia, dai fumetti ai corsi di giornalismo ambientale sino, ovviamente, all'attività politica. Che ha visto il "Cartella" in primo piano in molte battaglie. Prima fra tutte quella contro lo scellerato progetto del Ponte sullo Stretto.
Ed è curioso notare la tempistica perfetta di quest'ultimo atto intimidatorio, avvenuto mentre fervono i preparativi per la grande manifestazione contro l'apertura dei cantieri del Ponte, indetta per il prossimo 19 dicembre.

Allora, oltre alla solita solidarietà di facciata, devono seguire atti concreti per stare accanto a una delle poche realtà attive e propositive di Reggio Calabria, di quelle legate al territorio e che del territorio propongono una valorizzazione che parta dal basso, dal coinvolgimento dei cittadini.

Ricevo e pubblico volentieri il comunicato stampa diffuso dal Csoa "Angelina Cartella", invitando a diffondere questo post e a manifestare il proprio affetto e la propria vicinanza agli amici e compagni del Centro.

Agli imbrattamenti seguono le minacce

L’avevamo accolta con ironia e senza allarmismo l’azione di imbrattamento della scorsa notte.
Salvo svegliarci ieri mattina e scoprire che in città erano stati “avvistati” alcuni manifestini, gli stessi che abbiamo trovato affissi alla nostra porta.
Se la forma linguistica è piuttosto sgrammaticata, il messaggio però risulta essere abbastanza chiaro.
Con questo comunicato intendiamo rivolgerci a tutte le compagne ed i compagni, alle associazioni, ai comitati, alle tante persone che abbiamo incrociato in questi anni e con le quali abbiamo collaborato per “costruire un futuro migliore”, ma anche alla cittadinanza tutta, non credendo che possa essere un motivo di festeggiamento la nostra “fine”.
Lo spazio che occupiamo è la struttura del Parco Cartella, a Gallico (costata all’epoca circa 1,7 miliardi delle vecchie lire) che più di 7 anni fa abbiamo sottratto all’incuria e al degrado in cui era stato abbandonato, e trasformandolo in luogo di aggregazione e di propulsione per battaglie di libertà e dignità, oltre che di promozione artistica e culturale.
Da allora, nonostante appetiti speculativi politico-mafiosi abbiano spesso cercato di mettere le mani su questa struttura, i diversi attentati ed episodi di intimidazione, noi proseguiamo nel nostro impegno.
Ci appare una strana coincidenza che questa serie di intimidazioni segua il lancio della manifestazione contro l’apertura dei cantieri del Ponte, ideata proprio in una partecipata assemblea da noi promossa. Sarà per questo che qualcuno ci vorrebbe morti?
Non certo per celebrare la nostra “fine” ma per ragionare insieme sulla progressiva restrizione degli spazi di agibilità politica, nonché a rafforzare in nostri sforzi in vista della manifestazione del 19 dicembre

invitiamo tutte e tutti a partecipare
all’assemblea pubblica
martedì 17 novembre alle ore 19,00
Via Quarnaro I - Gallico, Reggio Calabria

martedì 3 novembre 2009

Let A Poor Boy Ride...il "ritorno" dei REVELATORS



Questo disco esce esattamente con undici anni di ritardo.
Era il 1998 quando i Revelators, uno dei gruppi rivelazione del rinascimento rock’n’roll a stelle e strisce, di ritorno da un trionfale tour europeo assieme ai leggendari Oblivians, lo registrarono ad Austin con Mike Mariconda nelle vesti di produttore.
Come ricorda il chitarrista John Schooley, appena rientrati da quel giro che aveva svelato al pubblico del Vecchio Continente il talento e l’incontenibile carica contundente del formidabile terzetto del Missouri, i Revelators si trovarono senza batterista. Ma non si persero d’animo. Assoldarono Bill Randt dei New Bomb Turks che fu felice di aggregarsi al gruppo per le registrazioni del secondo album.
Le incisioni durarono appena due giorni, come si addice a un gruppo rock’n’roll dall’attitudine punk, ma subito dopo anche il cantante Jeremiah lasciò la band, decretando di fatto la fine dei Revelators.
“Let A Poor Boy Ride” esce oggi per la Crypt, l’etichetta che aveva scoperto il trio e che avrebbe dovuto pubblicare anche questo disco. Sembra che il tempo si sia fermato: il secondo (postumo) Lp dei Revelators riparte esattamente dove il gruppo aveva lasciato. Non a caso l’urticante brano che apre “Let A Poor Boy Ride” si intitola come il primo devastante album della band (e tra i capolavori assoluti del lo-fi rock’n’roll anni 90): “We Told You Not To Cross Us”. La miscela esplosiva è nota: rock’n’roll minimale, ridotto all’osso, scarnificato. Con una chitarra, quella di Schooley, che mena fendenti. Con Bill Randt che pesta sui tamburi. E con la voce alla carta vetrata di Jeremiah.
Musica senza compromessi, vibrante, incisiva: da “Killin’ Me” al groove di “Jack Johnson” alla lenta “Rainin’ In My Heart” passando per le rasoiate di “Lone Star” fino alla conclusiva cavalcata di “Jitterbug Swing” il sound devastante dei Revelators torna a colpire nel segno dopo oltre dieci anni. Meglio tardi che mai.