Mentre le ferie volgono al termine, nella pace del campus universitario di Viçosa (stato di Minas Gerais, Brasile) mi permetto una breve divagazione sul significato della parola vacanza.
Vacanza come assenza.
Assenza dai pensieri, dagli assilli del quotidiano, dallo stress di tutti i giorni, dai ritmi infernali delle nostre cittá.
Un´assenza che permette di rigenerarsi, di ricaricare le batterie interiori, di ripartire con rinnovato slancio.
Disconnettere da tutto e da (quasi) tutti.
Staccare cellulare e telefono, limitare al minimo indispensabile l´uso del pc (controllare la posta di tanto in tanto giusto per non saturare la casella di messaggi spesso indesiderati - non rispondere a nessuno), spegnere lo stereo per un mese intero, e finalmente dedicarsi alla lettura come intimo piacere e non come obbligo professionale.
Venti giorni, tre libri divorati avidamente.
"Il Budda delle periferie" di Hanif Kureishi (un classico della letteratura anglosassone contemporanea - splendido e divertente affresco di una Londra nei primi anni ´70...)
"Il cane di terracotta" di Andrea Camilleri (un´altra spassosissima avventura del commissario Montalbano, dalla penna unica del maestro siciliano)
"La strategia dell´Ariete" di Kai Zen (brillante esempio di scrittura collettiva, una via di mezzo tra il romanzo storico e il giallo, interessante e intrigante...).
E poi tempo per pensare.
Per viaggiare e conoscere.
Per ritornare a vivere.