La medaglia in questione è il rock'n'roll. In grado di mostrare i suoi due volti, antitetici come il giorno e la notte, nel giro di neppure 24 ore.
Faccia numero 1: TOM VERLAINE.
La leggendaria chitarra dei Television. L'affascinante padrino della new wave newyorkese degli anni '70. L'artista geniale e innovativo che ha regalato al mondo il suo raffinato e ineguagliabile manifesto sonoro: "Marquee Moon".
Cronache di tempi lontani.
Il mito non esiste più. Sgretolato da se stesso.
Oggi Tom Verlaine è solo un artista autorefenziale che mostra pochi, pochissimi sprazzi del talento cristallino di un tempo.
I suoi concerti sono di una noia mortale.
Due chitarre (assieme a lui, il fido Jimmy Rip), nessuna sezione ritmica. Quasi una jam session casalinga. Senz'anima, senza verve.
In oltre un'ora di musica sono pochi, tre forse quattro, i brani che fluiscono e lasciano intravedere la magia di una volta: atmosfere rarefatte, quasi cinematografiche. Per il resto è minimalismo compiacente, abbozzi di brani che non hanno capo nè coda, "lazy"/pigri per stessa definizione del suo autore.
Ancora oggi, a tre giorni di distanza dal suo concerto romano, continuo a chiedermi come sia possibile gettare alle ortiche un talento capace di schiudere gemme sonore quali "See No Evil", "Foxhole", "Guiding light", "Venus" e la mai troppo amata "Marquee Moon".
Faccia n. 2: KING KHAN and THE SHRINES
Dopo il buio, la luce. La luce potente e rigenerante del r'n'r. Che assume le sembianze di un gruppo fantastico guidato da un performer davvero straordinario: King Khan & The Shrines. E' venerdì sera e il Micca Club si trasforma in un tempio pagano in cui si celebra un rito voodoo al ritmo di calde sonorità soul, R&B e garage. Un calderone sonoro bollente.
King Khan possiede il sacro fuoco del rock'n'roll e l'anima di un grande showman. Una via di mezzo tra James Brown e Screamin' Jay Hawkwins. Canta, urla, si contorce, si dimena, gioca con il pubblico, lo tiene in pugno. Comunica.
La band che lo accompagna - The Shrines - è un sestetto potente e compatto come pochi: due fiati (sax e tromba), chitarra, basso, batteria e percussioni.
Sul palco si divertono da matti e trasmettono questa carica super anche al pubblico che risponde in uno scambio continuo di energia pura, "good vibes" e coinvolgimento totale. Sembra non finire mai. King Khan & The Shrines suonano per un'ora e mezza, senza pause, senza interruzioni. Riescono pure a mettere dentro al loro set una fantastica versione di "Know Your Product" dei Saints, tanto per dimostrare di essere un combo trasversale aperto a ogni sorta di contaminazione...
Se oggi mi si chiedesse quale gruppo contemporaneo è in grado di ricreare la magia di una esperienza rock'n'roll totalizzante non avrei dubbi a rispondere: KING KHAN and THE SHRINES. Un 'must'.