giovedì 29 luglio 2010

Il giorno in cui ho incontrato Mick Jones



Napoli, 15 luglio 2010.

Quella che sto per raccontarvi è una storia di quelle che si spera, un giorno, di raccontare ai propri nipotini. Il giorno in cui ho incontrato il mito: Mick Jones. Una delle due anime dei Clash. Non solo uno dei gruppi che ha accompagnato le mie giornate da teenager e da ventenne, facendomi viaggiare nell’Inghilterra di fine anni Settanta, tra gli scontri al carnevale giamaicano e la rabbia giovanile di una generazione senza prospettive (“No future”), messa sotto scacco dal pragmatismo conservatore della Thatcher. Quella rabbia, quei sogni di ribellione, quel suono che dal punk si faceva sempre più sfaccettato e tornava all’essenza del rock’n’roll erano miei, profondamente miei.
E così la coerenza e l’attitudine punk che sono sempre stati il tratto distintivo dei Clash.

Per questo motivo, quando dopo 20 anni, mi ritrovo a scendere le scale del backstage alla Mostra d’Oltremare di Napoli con Mick Jones per accompagnarlo nella saletta allestita per la conferenza stampa del Neapolis Festival la cosa non mi sembra vera.

Mentre parlo con lui, alla mia sinistra, mi dico: “Questa cosa non è reale, non sta succedendo veramente”. Per un attimo guardo il cielo e penso a un amico che non c’è più e che avrebbe condiviso con me questo momento di gioia…

E poi la conferenza stampa dei Carbon/Silicon, il nuovo gruppo di Mick e di suo compare Tony James (un tempo Generation X/Sigue Sigue Sputnik, ma prima ancora con lui nei seminali London SS): uno spasso.

E poi ancora un face-to-face di mezzora con Mick e Tony super-rilassati e amichevoli. E’ tutto un “thanks, Roberto” e risate e chiacchiere. Penso che quest’uomo ha cambiato la storia del rock e penso alle band italiane che al primo disco di relativo successo se la tirano come se fossero i nuovi Stones…

Mick Jones è invecchiato: ha perso la sua chioma fluente, ha i denti tutti sconnessi…ma il mito è rimasto intatto. Oggi è un signore di 55 anni che non ha dimenticato chi è: lo stesso musicista che a 23 anni faceva dormire i fan nella sua stessa camera d’albergo, che li incontrava dopo i concerti e stava a parlare con loro per ore, che aveva contribuito con la sua musica e i suoi comportamenti ad abbattere le barriere tra musicisti e pubblico.

Una vera anti-star.

Che oggi continua a suonare e divertirsi. E nonostante i Carbon/Silicon non abbiano un’oncia dei Clash (ma la voce di Mick non è cambiata e quando attacca “Train In Vain” mi vengono i brividi…), è lo stile che conta.
Lo stile di un uomo, che continua a rimanere un mito.

5 commenti:

tony-face ha detto...

Mito.
Anche se continuo a trovare inspiegabile come dopo i Clash nè Joe nè Mick, nè tantomeno gli altri siano mai riusciti a fare un disco degno di nota

robdarroch ha detto...

Io invece me lo spiego, Tony, ed è la conferma di come ogni grande gruppo sia molto di più della somma algebrica di quattro/cinque musicisti di valore.
E' un'alchimia irripetibile...
Lo stesso dicasi per gli Stones: Jagger ha fatto un disco accettabile, Richards due più che onesti, stesso dicasi per Ron Wood...ma niente a che vedere con la grandezza del gruppo d'origine.

chiaraco ha detto...

che bello!immagino la tua emozione!!!
guns of brixton forever!!! :)

Anonimo ha detto...

"....lo stile dell'incontro che racconti è la cifra dei vecchi Clash, "anche se siamo una rock band di successo, non dimentichiamo mai da dove siamo venuti". E' questo che li ha resi immortali. Cityrockers forever

tony-face ha detto...

E' vero l'esempio degli Stones ma la loro attività solista è sempre stata volutamente secondaria rispetto a quella principale.
Ad esempio gli ex Beatles hanno prodotto cose spesso vicine a quanto fatto in precedenza, certi album solisti di Townshend sono superiori a quelli degli Who, per non parlare di Paul Weller dopo i Jam e dopo gli Style Council o di John Lydon che dopo i Pistols ha saputo scrivere cose eccellenti con i PIL.

Invece nè Joe nè Mick sono riusciti a fare un album decente o perlomeno un minimo significativo.
Dal 77 a "Combat rock" un numero pazzesco di brani storici poi il nulla