giovedì 16 ottobre 2008

Roberto Saviano: un eroe contemporaneo

Ieri sera ho visto Roberto Saviano a "Matrix".

Ho visto un ragazzo di 28 anni che è un uomo coraggioso, un intellettuale di primo piano, un esempio di impegno civile.

Sentirlo parlare con estrema lucidità della sua condizione di "dead man walking", di condannato a morte per la "fatwa" emessa su di lui dai clan casalesi mi ha colpito profondamente.
Roberto Saviano rivendica il suo ruolo di scrittore e di intellettuale che non si gira dall'altra parte, ma che - anzi - partendo dalla descrizione di una realtà a lui vicina racconta le contraddizioni del Paese e del tempo in cui viviamo.

Esattamente come faceva Pasolini 40 anni fa.

"Il miracolo della letteratura", lo chiama Roberto Saviano.
Ma anche del cinema e del teatro, forme d'arte che hanno amplificato il messaggio di "Gomorra" portando noi tutti a conoscere cosa accade in una parte d'Italia. E a prendere coscienza che il degrado della Campania è l'altro lato della medaglia del benessere aziendale del centro-nord.

Saviano aveva e ha la magnifica ossessione di raccontare, di scrivere e interpretare la realtà come forma di resistenza e come contributo per cambiare il reale.
Il suo libro, ma anche il film, la piéce teatrale e i reportage giornalistici hanno rotto il velo di Maya sui traffici dei casalesi. Li hanno portati alla luce del sole. In una dimensione in cui neppure lo Stato può far finta di non vedere, di tollerare l'intreccio perverso tra imprese del Nord e camorra, tra politica e criminalità organizzata.
Tutto questo ha dato fastidio ai casalesi, ha rotto il silenzio su cui la camorra appoggia il proprio potere. Per questo motivo Roberto Saviano è diventato scomodo.
Adesso vorrebbe emigrare. Perchè si sente solo, perchè rivendica la sua vita, quella di un ragazzo di 28 anni che, suo malgrado, è diventato un simbolo. Ma che vorrebbe vivere serenamente, uscire, stare con gli amici, bere una birra in un pub, andare al cinema, innamorarsi.
Come i suoi coetanei.

Dalle parole di Saviano si legge la sofferenza per essere rimasto solo.
E il travaglio interiore di un ragazzo che da un lato ha ottenuto un enorme successo internazionale e dall'altro non riesce a farsi capire dai suoi concittadini, che lo guardano con fastidio per avere rotto il muro dell'omertà.
Quando raccontava della protesta dei neri di Castel Volturno, che hanno sfilato a testa alta contro "o Sistema", era chiaro il suo rammarico.
Avrebbe voluto che a sfilare coraggiosamente fossero i suoi concittadini, i suoi amici, i suoi familiari.

Roberto Saviano si trova a un bivio: andare o restare.
La scelta spetta esclusivamente a lui.
A noi il compito di fargli sentire che non è solo.


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