martedì 11 gennaio 2011

Io sto con la FIOM




Come se non bastasse una condizione del lavoro che in Italia ci ha fatti ripiombare indietro di decenni (qualche dato: disoccupazione all'8,7%, quella giovanile al 28,9, contratti precari ormai diffusi in ogni settore, pensioni future che per l'INPS non potranno essere corrisposte, tutele e sussidi inesistenti), tra tre giorni si concluderà l'attacco finale ai diritti dei lavoratori.

A portarlo avanti è il più celebrato manager del settore automotive, l'uomo omaggiato da Obama e considerato da molti come modello di imprenditore globale: Sergio Marchionne.

L'ad della Fiat ha espresso chiaramente il concetto: o i lavoratori di Mirafiori accettano il nuovo contratto in deroga da quello nazionale o gli investimenti di 2 miliardi di euro previsti dall'azienda torinese si sposteranno altrove. Prendere o lasciare.

Con una posizione del genere, è impossibile intavolare una trattativa.
La FIOM, l'organizzazione sindacale della CGIL nelle fabbriche metalmeccaniche, ha già detto no a un simile atteggiamento e ha invitato i lavoratori a votare "no" al referendum del 14 gennaio.
Una posizione condivisibile. Niente affatto da duri e puri, nè da sindacalisti ideologicamente prevenuti.

Immaginiamo con quale libertà d'animo gli operai di Mirafiori andranno a votare venerdì: se votano no Marchionne ha fatto sapere che sposterà la produzione altrove e loro prima finiranno in cassa integrazione e poi probabilmente perderanno il lavoro.
Se votano sì, come è probabile sotto un ricatto del genere, diranno addio a una serie di diritti acquisiti dopo anni di lotte dei loro genitori.

Piero Fassino, alto dirigente del PD (ovvero quello che dovrebbe essere la forza laica e riformista del Paese) e prossimo candidato a sindaco di Torino, ha affermato che se fosse un operaio voterebbe "sì".
Il punto è che Fassino non è un operaio, non lo è mai stato, mai lo sarà.
Non ha idea di cosa significhi lavorare in catena, fare i turni, prendere uno stipendio da fame e con quello cercare di mantenere una famiglia, dei figli, pagare un mutuo, ecc.

La questione del referendum di Mirafiori svela due aspetti: da un lato un ricatto bello e buono al soggetto più debole, ovvero i lavoratori, e un attacco frontale al sindacato non allineato (la Fiom); dall'altro l'assenza di una voce forte e chiara a tutela dei lavoratori da parte del principale partito di opposizione, non più laburista, non più di centro-sinistra, ormai in perenne crisi di identità e quasi in coma irreversibile.

Siamo di fronte a uno snodo cruciale nel futuro delle relazioni sindacali del Paese e l'assenza della politica, quella con la "p" maiuscola, pesa come un macigno nei destini dei lavoratori italiani. Non solo degli operai della Fiat.

Giorni cupi ci attendono.

1 commento:

Anonimo ha detto...

senza dubbi e senza tentennamenti; la partita con il mondo del lavoro è stata persa dalla crisi dell'80, ma si lotta e si sta con gli sconfitti perchè non se ne può fare a meno.
fabio cuzzola