lunedì 13 giugno 2011

DOME LA MUERTE Poems For Renegades



Una slide acida e visionaria, un arpeggio sulla chitarra acustica, un lieve agitarsi di maracas e un flauto in sottofondo.
Si apre così “Poems For Renegades” (Japan Apart), il debutto da solista di Dome La Muerte. Usare la parola “debutto” per recensire un album di Dome, un’icona rock’n’roll che ha marchiato a fuoco la nostra scena underground negli ultimi trent’anni – due nomi su tutti: i CCM prima e i leggendari Not Moving poi - suona un po’ strano.

Ma tant’è: dopo anni spesi a scrivere canzoni, incidere dischi, calcare i palchi e colpire con riff taglienti con questa o con quella band, con questo o con quel progetto, il Keith Richards italiano ha finalmente deciso di firmare un album a suo nome. E per farlo ha pensato bene di spogliarsi - come si vede dalle foto all’interno del booklet dove appare circondato da belle ragazze, anch’esse ignude - non solo letteralmente. Scegliendo una dimensione intima e ricca di fascino. Poetica. Magica.
Accompagnato da una schiera di amici fidati, tra cui Maurizio Curadi degli Steeplejack, Emiliano, Basetta e Marco dei “suoi” Diggers, Dome affronta il tema dei “rinnegati”, di tutti coloro che hanno scelto con fierezza la propria strada sapendo di “perdere” e di dover pagare dei prezzi altissimi. Un po’ come lui.

Tra le quattordici tracce che compongono il canovaccio del disco troviamo sei affascinanti episodi strumentali, due brani scritti dal poeta Cheyenne Lance Henson (che aveva già firmato anni addietro uno splendido lavoro con i Not Moving, “Song Of Myself”) e alcuni pezzi tratti dall’ormai ricchissimo songbook di Dome.
Brani che in chiave acustica, spogliati della loro corazza elettrica, acquisiscono una nuova intrigante veste. Come “Blue Stranger Dancer” e “Shine On Me” provenienti dal primo disco dei Diggers o quella “They Will Fall” - impreziosita dal sitar, dall’armonica e dalla dodici corde di Curadi - che rimane uno dei pezzi più emozionanti dei Not Moving. O “I Just Want To Have Something To Do” dei Ramones che mai avremmo immaginato di ascoltare in una versione rallentata e acida come questa. Mentre l’altra cover è “Billy”, un brano “minore” di Dylan.

Dimenticatevi i riff selvaggi, gli amplificatori saturi di distorsione, il rock’n’roll impastato di garage, psychobilly e punk che ha sempre caratterizzato la straordinaria vicenda umana e artistica di Dome La Muerte.
In “Poems For Renedages” troverete ballate acustiche, brani dal sapore country & western, viaggi lungo le strade blu d’America. Per scoprire che i “renegades” di cui parla il titolo sono capaci di emozionare anche quando, per una volta, suonano unplugged.

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