lunedì 23 gennaio 2012
Sick Rose: l'intervista
"No Need For Speed" (Area Pirata) dei Sick Rose è uno dei dischi più belli pubblicati nel 2011.
Freak Out ha incontrato Luca Re, il cantante della leggendaria formazione torinese.
Per leggere l'intervista cliccate qui!
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mercoledì 18 gennaio 2012
The leaving of London: Bevis Frond is back in town!
Per molti la parola underground ha perso di significato. Non per me.
E neppure per Nick Saloman, in arte Bevis Frond, che ha vissuto tutta la sua vita al riparo dall'accecante luce dei riflettori, in una dimensione sotterranea e controculturale in cui ha potuto dare libero sfogo alla sua indomita creatività.
Lo ha fatto con la sigla Bevis Frond, con altri progetti paralleli e con l'etichetta di culto Woronzow Records che ha marchiato tutte le prove del suo gruppo e anche dischi di artisti e formazioni vicini per spirito, sonorità e attitudine al suo universo musicale/ideale.
A sette anni dall'ultimo tour e a pochi mesi dall'uscita del bellissimo doppio album
"The Leaving Of London", i Bevis Frond tornano in Italia per presentare il nuovo disco.
Un lavoro in cui la passione sterminata di mr. Saloman per i Sixties (intesi come quelle praterie sconfinate in cui correvano liberamente pop floreale, confetti psichedelici, rock chitarristico della migliore scuola) riesce a raggiungere nuove vette espressive.
Nick Saloman e i suoi sodali Adrian Shaw, Paul Simmons e Dave Pearce saranno di scena sabato 21 gennaio al Vinile 45 di Brescia e domenica 22 all'Init di Roma.
Se siete tra i fortunati a trovarvi in zona nel weekend, non mancate il contatto...
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sabato 14 gennaio 2012
Live! I See Dead People
Sulla celebre copertina del primo album dei Ramones, scattata nel 1976 da Roberta Bayley in un vicolo della Bowery a New York, rimane solo Tommy Ramone. Joey, Dee Dee e Johnny sono spariti.
Lo stesso succede con “Abbey Road” dei Beatles: sulle celebri strisce pedonali ci sono soltanto Paul McCartney e Ringo Starr.
Anche Joe Strummer non campeggia più sulla cover di “The Clash”. E Jim Morrison è scomparso da quella di “Morrison Hotel” dei Doors.
Con un rapido tocco di Photoshop i musicisti morti scompaiono dalle copertine dei loro dischi più famosi. L’idea è venuta a Jean-Marie Delbes e Hatim El Hihi che hanno creato il blog “Live!” sulla piattaforma Tumblr. Sottotitolo: I See Dead People. Una galleria d’immagini il cui effetto è irreale e straniante.
giovedì 12 gennaio 2012
Siamo tutti Giovanni Tizian
Ieri la notizia è deflagrata come una bomba in Rete e sui giornali, rilanciata a più riprese dalle agenzie di stampa: Giovanni Tizian, un giornalista precario che vive e lavora a Modena, è costretto da due settimane a vivere sotto scorta per la minaccia che la 'ndrangheta possa attentare alla sua vita.
Giovanni non è solo un giornalista precario che rischia la vita senza tutele e per pochi euro al pezzo (e qui andrebbe aperto un dibattito serio sulle condizioni della stampa e dell'editoria in Italia), ma è anche una vittima della 'ndrangheta che gli uccise il padre, un bancario integerrimo di Bovalino, nella Locride, quando aveva appena 7 anni.
Come molte altre vittime della violenza mafiosa, e in onore alla memoria di suo padre, Giovanni ha deciso di impegnarsi in prima persona contro le mafie. Scrivendo, analizzando, denunciando il sistema delle più potenti organizzazioni criminali presenti nel nostro Paese.
Lo ha fatto, e continua a farlo, anche attraverso l'impegno nell'associazione daSud.
E proprio la sua associazione ha deciso di lanciare una campagna di mobilitazione e sostegno per difenderlo:
Giovanni è figlio di Peppe Tizian vittima innocente della ‘ndrangheta.
Ha appena pubblicato il libro-inchiesta: “Gotica. ’Ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea”.
La politica ha cancellato la parola mafia dal vocabolario pubblico, l’informazione ha finto di non vedere, le associazioni e i movimenti hanno sottovalutato. E invece la mafia al nord c’è, fa affari, è pericolosa, sta dentro i processi economici e sociali. E non vuole essere disturbata.
Così nella civilissima Emilia Romagna può accadere che a Giovanni Tizian, un giornalista precario di 29 anni, impegnato sul fronte antimafia con l’associazione daSud, venga assegnata una scorta. Per il suo lavoro di inchiesta sulle mafie al Nord. Un lavoro coraggioso, vero, che pochi giornalisti fanno. E che tutti dobbiamo difendere.
In questi anni Giovanni ha scritto inchieste raccontando il volto reale delle mafie al nord svelando - sulla Gazzetta di Modena, su Linkiesta.it, su Lettera 43, Narcomafie - ciò che accade in Lombardia, Piemonte, Liguria e Emilia Romagna.
L’ha fatto spesso in solitudine, una solitudine doppia, inaccettabile: quella di chi racconta una verità che nessuno ha la voglia o l’onestà intellettuale di sentire. E la solitudine di chi fa il giornalista con passione, rigore, professionalità. Ma lo fa da precario, senza le tutele di cui godono i giornalisti e gli scrittori famosi, quelli che pubblicano con le grandi case editrici, quelli che scrivono sui giornali nazionali.
In questi anni al giornalismo, ha voluto affiancare il suo impegno antimafia con l’associazione daSud: Giovanni infatti ha vissuto sulla propria pelle la violenza della ‘ndrangheta. È figlio di Peppe Tizian, ucciso il 23 ottobre del 1989. Era nato a Bovalino, in provincia di Reggio Calabria. Era un funzionario di banca «integerrimo», dicono gli investigatori. Aveva solo 36 quando l’hanno ammazzato. Il suo omicidio è rimasto senza colpevoli. Giovanni era ancora un bambino. Ha tenuto per sé questa storia per quasi venti anni. Nel 2008, durante la Lunga Marcia della Memoria di daSud, la decisione di condividere la sua storia e di iniziare l’impegno antimafia. Da allora ogni anno daSud dedica una parte delle proprie attività al ricordo di Peppe Tizian: sul luogo dell’omicidio, a Locri, lungo la statale 106 due anni fa è stato realizzato un murales.
Proprio a partire dalla sua esperienza personale Giovanni Tizian ha scritto un libro sulle mafie al nord. Si intitola “Gotica. ’Ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea”, lo ha pubblicato la casa editrice Round Robin, la casa editrice con cui daSud ha deciso di costruire il suo racconto delle mafie e dell’antimafia con inchieste, romanzi e fumetti. È un lavoro straordinario, Gotica, documentatissimo, che offre anche ottime chiavi di interpretazione delle attività dei clan. Racconta gli intrecci con la politica, con l’economia, con le professioni. E i traffici di droga, il pizzo, l’usura, il gioco d’azzardo. Racconta il giro dei soldi. I soldi dei clan.
«Sono sicuro di riuscire a trovare il modo di continuare a fare il mio lavoro. Non penso che un giornalista possa cambiare il mondo, ma credo nell'utilità sociale del mestiere di giornalista», dice Giovanni.
Continuerà a fare il suo lavoro. Lo farà meglio di prima. E avrà sempre al suo fianco daSud, la sua associazione. Insieme non indietreggeremo di un solo passo, insieme continueremo a raccontare le storie nascoste o dimenticate di mafia e antimafia di questo Paese.
Ma la sfida che i clan hanno lanciato a Giovanni è una sfida lanciata all’Italia che resiste e che vuole cambiare: a tutti il compito di organizzare un grande movimento di scorta popolare e civile. Associazioni, gruppi, comitati, partiti, singoli, giornahttp://www.blogger.com/img/blank.giflisti, organizzazioni, personaggi, artisti, trasmissioni radio e tv, giornali, amministratori, scrittori: tutti quanti possiamo fare molto per non fare sentire soli Giovanni e la sua famiglia. E per garantire che possa fare tranquillamente il suo lavoro.
La campagna “Io mi chiamo Giovanni Tizian” prevede incontri, iniziative, presentazioni, dibattiti, campagne web e di comunicazione.
Chiunque volesse aderire può manifestare la propria disponibilità inviando una mail all'indirizzo iogiovannitizian@dasud.it
Aggiornamento ore 14
E' stato attivato il sito http://www.iomichiamogiovannitizian.org/
martedì 10 gennaio 2012
Addio fratellone!
Perdere un amico è una delle esperienze più tremende che la vita ti possa riservare.
Ma nessuno muore in realtà, se continua a vivere dentro di noi…
Per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, e ancor di più per chi non lo ha conosciuto, voglio ricordare Luciano Micali. Che ci ha lasciati troppo presto nella notte tra domenica e lunedì.
Luciano è una delle persone più belle che mi sia capitato di incontrare lungo le strade della vita.
Una persona profonda, sensibile, dotata di una grande umanità e di una generosità che raramente si incontra di questi tempi.
Non solo. Luciano era un intellettuale vero, curioso, affabile. Che amava spaziare: la sua sterminata cultura cinematografica faceva il paio con la passione per la letteratura e con quella per la musica. Era anche uno scrittore, Luciano. Che stava iniziando a raccogliere i primi meritati consensi con il suo libro di racconti “Kitsch”, pubblicato lo scorso anno.
Ci eravamo conosciuti lavorando gomito a gomito all'ufficio stampa dell'Horcynus Festival e subito era scattata un’empatia: un rapporto di amicizia e di stima che andava ben oltre il mero aspetto professionale.
Ironico, gioioso, puntuale e affidabile, lavorarci assieme era un piacere.
Ma soprattutto era un piacere il tempo trascorso fuori dagli orari di lavoro.
A pranzo, a cena, seduti a prendere un caffé o ad ammirare la bellezza dello Stretto. Al cinema, a parlare di musica o a partecipare a un concerto.
A progettare vacanze in luoghi lontani e vicini, ma sempre ricchi di storia e di fascino.
C’erano tante cose che ci univano, e tante cose sulle quali avevamo visioni diverse. Ma che ci incuriosivano. E rendevano ancora più forte il nostro rapporto.
Ci univa anche il legame, la complicità che si era venuta a creare con le nostre rispettive coppie.
Due coppie di amici che si volevano bene e stavano bene assieme.
Un piacere semplice, schietto, sincero. Prezioso perchè raro: un feeling che si prova raramente nella vita, e con poche persone.
Luciano Micali era una persona speciale. Un essere umano profondo, complesso come tutti gli esseri umani. Nella sua complessità era racchiusa anche la sua fragilità. Che è di tutti noi, uomini e donne di ogni età. Una fragilità che trova molti modi per venire fuori. Una fragilità che spesso fingiamo non ci appartenga, che nascondiamo nella fretta e nella routine di tutti i giorni. Ma che ci rende umani. E, in quanto tali, unici e irripetibili.
Arrivederci fratellone. Che la terra ti sia lieve.
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