mercoledì 4 aprile 2012

Roger Daltrey performs "Tommy"



Ho visto Roger Daltrey dal vivo poco meno di due settimane fa.
Sono andato al concerto senza grandi aspettative. Da vecchio fan degli Who temevo infatti di distruggere il mito. Il rischio di assistere a uno show patetico di una leggenda del rock che non si rassegna al tempo che passa c'era ed era grande.

Ho iniziato il concerto in apnea. Poi, man mano che i minuti passavano, mi sono sciolto. Il vecchio leone ruggiva ancora nonostante le 68 primavere.
E' invecchiato bene, Roger Daltrey. Non è imbolsito, non ha perso i capelli, anche se la voce non è più quella di un tempo con l'estensione di quattro ottave con cui prendeva la scala e saliva in cielo.

A quasi settanta anni sale sul palco e fa ancora la sua figura. Incredibile a dirsi per un giovanotto che quasi mezzo secolo fa cantava (ma il verso immortale non è suo, bensì di Townshend): "I hope I die before I get old"...

Per questo tour Daltrey ha messo su un'ottima band (con il fratello minore di Pete, Simon Townshend, di 15 anni più giovane) e orchestrato uno show bellissimo con tanto di stupenda animazione grafica che pulsava da un enorme schermo.

Ha rifatto tutto "Tommy", un disco che in verità non ho mai amato se non per quelle canzoni i cui riff rimangono scolpiti nel mio cuore ("I'm free" e "Pinball Wizard" su tutte), ha messo in mostra qualcuno dei vecchi trucchi di scena, come le acrobazie col microfono, ha cantato e suonato (alla fine, chitarra e ukulele) per oltre due ore.

Soprattutto i classici degli Who, quelli che tutti attendevamo impazientemente: "Baba O'Riley", "The Kids Are Alright", "Pictures of Lily", "My Generation" (l'unica a non convincere, per via di un arrangiamento poco azzeccato, non solo per il testo...), "Behind Blue Eyes", "Young Man Blues", "Who Are You", "I Can See For Miles"...
Attendevo "Won't Get Fooled Again", ma non c'è stata. Poco male.
Ho vissuto solo un riflesso lontano di quella che un tempo fu una band micidiale.
Mentre andavo via dall'Auditorium Conciliazione riflettevo proprio su questo: sull'integrità artistica che ancora sostiene Daltrey e su cosa dovevano essere gli Who negli anni Sessanta con quel funambolo pazzo di Keith Moon dietro ai tamburi, con il genio e la furia chitarristica di Pete Townshend, con l'eleganza di John Entwistle e con la voce impressionante e la presenza scenica di Roger Daltrey, tutti poco più che ventenni.
Una devastante forza della natura...

1 commento:

Cirano ha detto...

ottimo per uno che voleva morire prima dei trentanni....