venerdì 8 ottobre 2010

FORTUNATE SONS: Intervista esclusiva a ROBIN WILLS





FORTUNATE SONS
Un'intervista esclusiva a ROBIN WILLS



Se c’è una band grande e misconosciuta, essa certamente risponde al nome di Fortunate Sons.
Un terzetto formato a Londra a principio del 1985 dal chitarrista Robin Wills, fresco dello scioglimento dei suoi favolosi Barracudas, la cult-band che con tre soli album (gli stupendi “Drop Out With…” e “Mean Time”, più il successivo “Endevour To Persevere”) e una manciata di singoli era entrata nel cuore di tutti coloro che amavano il power-pop/garage arricchito da venature folkedeliche.

Nella nuova formazione, accanto a Robin Wills troviamo invece il batterista Lee Robinson, che qualche anno dopo diverrà il cantante degli A-10 - uno dei gruppi punk più devastanti nati a cavallo tra gli 80 e i 90 - e il bassista Steve Robinson (nessun legame di parentela tra i due, nonostante il cognome).

Con questa line-up i Fortunate Sons pubblicano “Rising”, un disco stupendo perennemente in bilico tra l’anima melodica e quella più marcatamente grintosa e dinamica del terzetto.
Per l’album successivo, “Karezza”, si unisce alla band Chris Wilson, ex Flamin’ Groovies e già membro dell’ultima line-up dei Barracudas. Ma la magia dei Fortunate Sons non dura a lungo e il gruppo si scioglie prematuramente, dopo un fallimentare tour italiano.

In attesa che qualche lungimirante etichetta si decida finalmente a ristampare i due album dei Fortunate Sons, da anni fuori catalogo, ho rintracciato a Londra Robin Wills per una chiacchierata sulla sua formazione meno conosciuta, ma non per questo meno intrigante.



Per quale motivo i Barracudas si sciolsero e come nacquero i Fortunate Sons?
I Barracudas erano già arrivati alla fine o era quello che noi pensavamo all’epoca. Jeremy (Gluck, NdA) stava diventando impaziente e desiderava muoversi verso una direzione musicale più dura (hardcore, cose alla Husker Dü…), ma io volevo ancora esplorare il versante jingle jangle/pop con un tiro più nervoso. Così nel gennaio del 1985 ci incontrammo e prendemmo la decisione di scioglierci. Allora Chris decise di andare a vivere in Svezia e io misi in piedi i Fortunate Sons.

Come hai conosciuto Lee e Steve Robinson?

Steve era il road manager dei Barracudas e sporadicamente suonava le tastiere con noi dal vivo. Nel 1984 Jim Dickson era in procinto di tornarsene in Australia e Steve era pronto per sostituirlo al basso, ma poi Jim rimase e non se ne fece nulla. Uscivo spesso con Steve, per cui – una volta sciolti i Barracudas - la decisione più ovvia fu quella di metter su una band insieme. Incontrammo Lee a Dingwalls (uno dei più celebri club di Londra, ubicato nel quartiere di Camden) e ci disse che suonava la batteria, così facemmo un paio di prove e la band era nata. Personalmente volevo un quarto membro, ma Chris Wilson era via, così assoldammo John Plain dei Boys per un tour in Francia e poi Marcus Holler, alla seconda chitarra, per un po’, prima che Chris ritornasse in Inghilterra e si decidesse a suonare con noi.
Lee era ossessivo, lunatico ma molto amichevole, Steve aveva i piedi per terra ed era affidabile, così eravamo davvero un giusto mix di personalità…

Il nome della band era un tributo al pezzo dei Creedence Clearwater Revival?

Oh, sì. Suonavamo “Fortunate Sons” dal vivo con i Barracudas, per cui la scelta del nome fu semplice…

Rispetto ai Barracudas, quali erano gli obiettivi artistici dei Fortunate Sons?

Continuare con uno stile più melodico, un folk rock venato di chitarre dodici corde, assieme a un più corposo sound rock alla Flamin’ Groovies.

Il vostro primo album “Rising” del 1986 è un disco straordinario che racchiude diverse fonti ispirative: folk rock alla Byrds, power-pop, ballate melodiche…

“Rising” fu registrato per un’etichetta tedesca che aveva il proprio studio di registrazione, ma per me suona più come un demo che come un album vero e proprio. Ci mancava decisamente un buon cantante! Scrissi quasi tutte le canzoni, alla stessa maniera in cui lo facevo per i Barracudas: infatti 5-6 canzoni le avevo già composte per quello che sarebbe dovuto essere il nuovo album dei Barracudas. Si trattava di canzoni personali, scritte come ho sempre fatto…

Quali sono i tuoi brani preferiti di “Rising”?

Penso “Burning”, che era la canzone più nuova del LP, cantata molto bene da Lee. Un’altra delle mie preferite è “Sometimes You Win”, ancora una volta scritta dal profondo del cuore sull’amore della mia vita a quei tempi. Ma anche “Just Another Day” che parla dell’ambiente della droga e del caos personale in cui ero immerso in quel periodo…

Quale fu la reazione del pubblico all’uscita dell’album?

Fu sottovalutato. Il disco uscì in tre diversi paesi e deve aver venduto intorno alle 10.000 copie. Credo che molti lo videro come un primo passo, dal momento che non suona come un album finito.




Per la vostra seconda uscita discografica, “Karezza”, si unì a voi l’ex Flamin’ Groovies e Barracudas, Chris Wilson…

Ho sempre desiderato che Chris suonasse di nuovo con me, così non appena rientrò dalla Svezia, si aggregò al gruppo…

“Karezza” aveva un suono abbastanza diverso rispetto al primo album, con un feeling più americano: c’erano più ballate, un suono più tranquillo e dalle influenze più marcatamente folk-rock nella vena degli ultimi Flamin' Groovies. Credi che questo abbia qualcosa a che fare con la presenza di Chris Wilson nella band?

Non mi piace il suono di quel disco. Avere ancora una volta Chris in una band era fantastico, ma si era calato un po’ troppo in uno stile alla Paul Rodgers dei Free. Inoltre non amavo lo studio dove lo registrammo, ma alcune canzoni sono grandiose. “Dawning”, ad esempio, è magica: scritta in cinque minuti in studio. “He Who Waits” era un classico di Chris e “Deep Red” invece era stata scritta per Dario Argento. All’epoca avevo incontrato Dario un paio di volte e avevamo parlato dell’idea di inserire in qualche modo la mia musica in uno dei suoi film, ma era ancora troppo affascinato da quella dei Goblin!

Perchè, dopo l’uscita di “Karezza”, i Fortunate Sons si sciolsero?

Perchè venimmo a suonare in Italia! Lee aveva lasciato la band allora (per formare gli A-10, NdA) e chiamammo un amico di Chris alla batteria. Il tour italiano fu un casino: non ci pagavano quello che era stato pattuito e così Chris e John, il nuovo batterista, decisero di tornarsene in Inghilterra. Fu la fine della band.

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Per chi non possiede i dischi e visto che sono introvabili...

RISING:
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