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sabato 24 novembre 2012

Carnaby Christmas: It's Only Rock'n'Roll



Negli anni Sessanta erano due simboli della “Swingin' London": Carnaby Street e i Rolling Stones si ritrovano nuovamente insieme per celebrare il cinquantennale della storica rock band.

La celebre via londinese è stata trasformata con un'installazione natalizia interamente dedicata agli Stones.
L'arco con l'iconica scritta "Welcome to Carnaby Street" adesso appare con la lingua rossa, il celebre logo dei Rolling Stones, e un nuovo slogan: “Carnaby Christmas – It’s Only Rock’n’Roll”.

Ad abbellire tutta la via e le stradine laterali sono dei grappoli di splendidi dischi dorati al centro dei quali campeggiano foto della band e dei singoli componenti dagli anni Sessanta ad oggi, oltre alle copertine degli album, raccolte e live inclusci.

Cme se non bastasse proprio a Carnaby Street è stato aperto un temporary store chiamato "GRRR!", come la raccolta pubblicata in questi giorni, all'interno del quale è possibile acquistare dischi, libri, t-shirt, gadget e memorabilia delle Pietre Rotolanti.

L'impatto visivo è emozionante, soprattutto di sera, grazie anche all'illuminazione curata da Patrick Woodroffe che dal 1989 è il light designer di ogni tour della band. Il risultato è quello che potete vedere in questa photogallery







martedì 25 gennaio 2011

Tornano i GANG OF FOUR con "Content"



I GANG OF FOUR sono tornati con un nuovo album dopo 16 anni di silenzio discografico.
Si intitola "Content" e lo potete ascoltare in streaming qui.

martedì 21 dicembre 2010

Se n'è andato Bearzot




Non solo un grande CT, ma soprattutto una bella persona: Enzo Bearzot era serio, schivo, onesto.

Esattamente il contrario del tipico esponente del mondo del calcio di oggi.
Niente a che vedere con la boria di Lippi.
Niente a che spartire con l'arroganza di Capello.
Niente a che fare con le spacconate di Mourinho.

Enzo Bearzot è stato l'unico CT della Nazionale italiana a cui abbia voluto bene e nei confronti del quale provavo un misto di stima e affetto.
Sarà perchè la vittoria del Mundial di Spagna è stata la vittoria della "mia" Nazionale (avevo 11 anni e certe cose a quell'età si vivono con un trasporto speciale), sarà perchè di esempi positivi il calcio italiano non ne abbia dati poi così tanti dopo di lui.
Sarà, anzi lo è certamente, perchè di persone così si sente la mancanza ancora oggi.
E non soltanto su un campo di calcio.

E' per questo che lo ricorderemo sempre con affetto.
E' per questo che oggi è una giornata triste.

sabato 11 dicembre 2010

TO BEAT PAREJ: la fotogallery!!!

Presto un lungo post sulla serata più cool dell'anno: il TO BEAT PAREJ Stones In Love Pop Festival.

Intanto godetevi la fotogallery!














Le foto sono di Andrea Pavan, Antonio De Bellis, Lele Roma e del sottoscritto

martedì 7 dicembre 2010

MEI 2010: la photogallery ufficiale

EIGHTIES COLOURS: premio come Miglior libro indies dell'anno al MEI 2010.

Ecco la photogallery ufficiale. Foto di Roberto Ricciuti.





lunedì 6 dicembre 2010

TO BEAT PAREJ Stones In Love Pop Festival



Mercoledì 8 dicembre Torino tornerà a essere per un giorno e una notte la capitale neo-Sixties italiana.

Da un'idea dell'insuperabile Cristina Scanu, supportata magnificamente da una serie di amici e amiche (due nomi: Beppe “Grumbi” Melchionna e Vera "yè-yè" Macrì) e dall'associazione Imagine, ecco la serata più cool dell'anno.

L'evento a cui non potete mancare, la serata di cui tutti parleranno:
il TO BEAT PAREJ Stones In Love Pop Festival

Il programma è vasto e articolato.
Ci saranno una mostra fotografica, un reading di poesia, la presentazione di "Eighties Colours", dj set e soprattutto il ritorno in pista delle tre formazioni più famose della scena neo-Sixties torinese: NO STRANGE, SICK ROSE e (novità dell'ultima ora) PARTY KIDZ.
E jam-session finale con altri protagonisti assoluti della scena come Tony Face e Lilith dei Not Moving e Rinaldo Doro dei Sick Rose.

La serata si svolgerà in due locali, il Cafè des Arts e il Lapsus, in Via Principe Amedeo.

Qui sotto trovate il programma completo... sarà una serata speciale con nomi storici della scena underground italiana degli 80's insieme, ancora una volta, dopo 25 anni.
Se siete a tiro, non potete mancare.



TO BEAT PAREJ Stones in love Pop Festival - PROGRAMMA


CAFE’ DES ARTS – Via Principe Amedeo 33/F

ore 17,00 Presentazione dell'iniziativa a cura di Beppe “Grumbi” Melchionna (Arci Torino ) e inaugurazione mostra fotogradica “ROCK SHOTS 3” di MAURO MAFFEI e performance letteraria del poeta beat GIANNI MILANO

Ore 18,00 Presentazione del libro “EIGHTIES COLOURS” (Coniglio Editore) di e con ROBERTO CALABRO’.
Modera l'incontro Eddy Cilia (Mucchio Selvaggio)

Ore 19,00 Apericena. Sonorizzazione a cura di Lele Roma


LAPSUS
– Via Principe Amedeo 8/A

Apertura locale alle ore 21,30 con Dj set di Mauro Maffei

Presenta la serata: EDDY CILIA

Ore 22,00 live NO STRANGE
Ore 23,00 live THE SICK ROSE
Ore 24,00 live PARTY KIDZ

E, a seguire, super jam session finale con Luca “Lallo” Mangani + Roberto “Rhobbo” Bovolenta + Rinaldo Doro (ex Sick Rose), Tony Face + Lilith (Not Moving )

Ore 01,00
Dj set 1: TONY “FACE" BACCIOCCHI
Dj set 2: LELE ROMA



Per informazioni e comunicazioni
Grumbi 347 4930300
Facebook: TO BEAT PAREJ

martedì 26 ottobre 2010

KILL CITY: ristampa dell'anno!



Ristampa dell’anno? Con ogni probabilità. Questa gemma di Iggy Pop e James Williamson torna a nuova vita, un po’ come successe nel 1997 con “Raw Power”, il terzo album degli Stooges, su cui mise le mani lo stesso Iggy per far dimenticare l’infame lavoro svolto nel ’73 da David Bowie. E così le chitarre tornarono a ruggire, il basso a pulsare, la voce dell’Iguana a graffiare.

Ci trovammo al cospetto di un disco nuovo di zecca. Cosa che accade adesso anche con “Kill City”, 33 anni dopo la sua uscita. Anche perché le ristampe di questo Lp finora immesse sul mercato sono state realizzate a partire dalla prima edizione in vinile verde, e non dai master originali, con una qualità audio ovviamente non eccelsa.
A questo giro, invece, la Bomp! ha deciso di fare le cose come si deve: ha rintracciato i nastri originali e li ha consegnati a James Williamson che ha remixato e rimasterizzato l’album. Ma è tutta la storia di questo disco, del resto, a essere peculiare. Registrato a Los Angeles nel 1975 nell’immediato post-Stooges, in uno dei momenti più bui della vita e della carriera dell’Iguana, “Kill City” rimase nei cassetti per due anni. Vide la luce per l’etichetta di Greg Shaw che sfruttò il momento propizio del ritorno in pista di Iggy con “Lust For Life” e “The Idiot”, pubblicati appunto nel 1977.

“Kill City” è un lavoro importante, oserei dire cruciale nella storia artistica e personale di Mr. Osterberg perchè fotografa il passaggio dagli Stooges alla nuova fase della sua carriera da solista.

Ci sono echi della sua vecchia formazione e infatti la scaletta prevede “I Got Nothin’” e “Johanna”, due episodi suonati live coi tardi Stooges. Ma si apre anche a soluzioni sonore e vocali totalmente nuove.

Se l’iniziale title-track ha chitarre killer e un tiro rollingstoniano, la successiva “Sell Your Love” è una splendida ballata notturna, con un sax che si staglia e i cori che danno un tocco di magia soul. Anche nel rock’n’roll in midtempo di “Beyond The Law” il sax gioca un ruolo fondamentale sottolineando l’impatto vocale e chitarristico del pezzo.

Ed è ancora grande rock’n’roll con l’abrasiva “I Got Nothin’” e poi nella disperata love-song “Johanna” dove la voce di Iggy si insinua alla perfezione tra gli inserti del piano, i riff chitarristici di Williamson e un sax sempre più prezioso e intrigante. Ma è con “Consolation Prizes” che i due ex-Stooges firmano il capolavoro dell’album: un episodio solare, dal tiro quasi power-pop, che non avresti mai creduto potesse essere firmato da un campione della paranoia e dell’autodistruzione come Iggy. E se in “No Sense Of Crime” spicca la voce di Mr. Osterberg, ora calda e avvolgente, in “Lucky Monkeys” aleggia ancora una volta lo spirito degli Stones più depravati. Mentre la conclusione è ancora una volta sorprendente, con le morbidezze (sin troppo accentuate) della strumentale “Master Change”.

venerdì 8 ottobre 2010

FORTUNATE SONS: Intervista esclusiva a ROBIN WILLS





FORTUNATE SONS
Un'intervista esclusiva a ROBIN WILLS



Se c’è una band grande e misconosciuta, essa certamente risponde al nome di Fortunate Sons.
Un terzetto formato a Londra a principio del 1985 dal chitarrista Robin Wills, fresco dello scioglimento dei suoi favolosi Barracudas, la cult-band che con tre soli album (gli stupendi “Drop Out With…” e “Mean Time”, più il successivo “Endevour To Persevere”) e una manciata di singoli era entrata nel cuore di tutti coloro che amavano il power-pop/garage arricchito da venature folkedeliche.

Nella nuova formazione, accanto a Robin Wills troviamo invece il batterista Lee Robinson, che qualche anno dopo diverrà il cantante degli A-10 - uno dei gruppi punk più devastanti nati a cavallo tra gli 80 e i 90 - e il bassista Steve Robinson (nessun legame di parentela tra i due, nonostante il cognome).

Con questa line-up i Fortunate Sons pubblicano “Rising”, un disco stupendo perennemente in bilico tra l’anima melodica e quella più marcatamente grintosa e dinamica del terzetto.
Per l’album successivo, “Karezza”, si unisce alla band Chris Wilson, ex Flamin’ Groovies e già membro dell’ultima line-up dei Barracudas. Ma la magia dei Fortunate Sons non dura a lungo e il gruppo si scioglie prematuramente, dopo un fallimentare tour italiano.

In attesa che qualche lungimirante etichetta si decida finalmente a ristampare i due album dei Fortunate Sons, da anni fuori catalogo, ho rintracciato a Londra Robin Wills per una chiacchierata sulla sua formazione meno conosciuta, ma non per questo meno intrigante.



Per quale motivo i Barracudas si sciolsero e come nacquero i Fortunate Sons?
I Barracudas erano già arrivati alla fine o era quello che noi pensavamo all’epoca. Jeremy (Gluck, NdA) stava diventando impaziente e desiderava muoversi verso una direzione musicale più dura (hardcore, cose alla Husker Dü…), ma io volevo ancora esplorare il versante jingle jangle/pop con un tiro più nervoso. Così nel gennaio del 1985 ci incontrammo e prendemmo la decisione di scioglierci. Allora Chris decise di andare a vivere in Svezia e io misi in piedi i Fortunate Sons.

Come hai conosciuto Lee e Steve Robinson?

Steve era il road manager dei Barracudas e sporadicamente suonava le tastiere con noi dal vivo. Nel 1984 Jim Dickson era in procinto di tornarsene in Australia e Steve era pronto per sostituirlo al basso, ma poi Jim rimase e non se ne fece nulla. Uscivo spesso con Steve, per cui – una volta sciolti i Barracudas - la decisione più ovvia fu quella di metter su una band insieme. Incontrammo Lee a Dingwalls (uno dei più celebri club di Londra, ubicato nel quartiere di Camden) e ci disse che suonava la batteria, così facemmo un paio di prove e la band era nata. Personalmente volevo un quarto membro, ma Chris Wilson era via, così assoldammo John Plain dei Boys per un tour in Francia e poi Marcus Holler, alla seconda chitarra, per un po’, prima che Chris ritornasse in Inghilterra e si decidesse a suonare con noi.
Lee era ossessivo, lunatico ma molto amichevole, Steve aveva i piedi per terra ed era affidabile, così eravamo davvero un giusto mix di personalità…

Il nome della band era un tributo al pezzo dei Creedence Clearwater Revival?

Oh, sì. Suonavamo “Fortunate Sons” dal vivo con i Barracudas, per cui la scelta del nome fu semplice…

Rispetto ai Barracudas, quali erano gli obiettivi artistici dei Fortunate Sons?

Continuare con uno stile più melodico, un folk rock venato di chitarre dodici corde, assieme a un più corposo sound rock alla Flamin’ Groovies.

Il vostro primo album “Rising” del 1986 è un disco straordinario che racchiude diverse fonti ispirative: folk rock alla Byrds, power-pop, ballate melodiche…

“Rising” fu registrato per un’etichetta tedesca che aveva il proprio studio di registrazione, ma per me suona più come un demo che come un album vero e proprio. Ci mancava decisamente un buon cantante! Scrissi quasi tutte le canzoni, alla stessa maniera in cui lo facevo per i Barracudas: infatti 5-6 canzoni le avevo già composte per quello che sarebbe dovuto essere il nuovo album dei Barracudas. Si trattava di canzoni personali, scritte come ho sempre fatto…

Quali sono i tuoi brani preferiti di “Rising”?

Penso “Burning”, che era la canzone più nuova del LP, cantata molto bene da Lee. Un’altra delle mie preferite è “Sometimes You Win”, ancora una volta scritta dal profondo del cuore sull’amore della mia vita a quei tempi. Ma anche “Just Another Day” che parla dell’ambiente della droga e del caos personale in cui ero immerso in quel periodo…

Quale fu la reazione del pubblico all’uscita dell’album?

Fu sottovalutato. Il disco uscì in tre diversi paesi e deve aver venduto intorno alle 10.000 copie. Credo che molti lo videro come un primo passo, dal momento che non suona come un album finito.




Per la vostra seconda uscita discografica, “Karezza”, si unì a voi l’ex Flamin’ Groovies e Barracudas, Chris Wilson…

Ho sempre desiderato che Chris suonasse di nuovo con me, così non appena rientrò dalla Svezia, si aggregò al gruppo…

“Karezza” aveva un suono abbastanza diverso rispetto al primo album, con un feeling più americano: c’erano più ballate, un suono più tranquillo e dalle influenze più marcatamente folk-rock nella vena degli ultimi Flamin' Groovies. Credi che questo abbia qualcosa a che fare con la presenza di Chris Wilson nella band?

Non mi piace il suono di quel disco. Avere ancora una volta Chris in una band era fantastico, ma si era calato un po’ troppo in uno stile alla Paul Rodgers dei Free. Inoltre non amavo lo studio dove lo registrammo, ma alcune canzoni sono grandiose. “Dawning”, ad esempio, è magica: scritta in cinque minuti in studio. “He Who Waits” era un classico di Chris e “Deep Red” invece era stata scritta per Dario Argento. All’epoca avevo incontrato Dario un paio di volte e avevamo parlato dell’idea di inserire in qualche modo la mia musica in uno dei suoi film, ma era ancora troppo affascinato da quella dei Goblin!

Perchè, dopo l’uscita di “Karezza”, i Fortunate Sons si sciolsero?

Perchè venimmo a suonare in Italia! Lee aveva lasciato la band allora (per formare gli A-10, NdA) e chiamammo un amico di Chris alla batteria. Il tour italiano fu un casino: non ci pagavano quello che era stato pattuito e così Chris e John, il nuovo batterista, decisero di tornarsene in Inghilterra. Fu la fine della band.

* * *

Per chi non possiede i dischi e visto che sono introvabili...

RISING:
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KAREZZA:
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