mercoledì 14 luglio 2010
EIGHTIES COLOURS: intervista su MAX!!!
Anche un periodico come MAX, non esattamente legato all'underground, ha dedicato una pagina con intervista a EIGHTIES COLOURS. Grazie a Stefano Cuzzocrea, amico e attento indagatore di realtà musicali...
Potete leggerla di seguito o direttamente sul sito di Max
Come eravamo rock
Eighties Colours. Storia del rock italiano
Roberto Calabrò, giornalista e scrittore, fa chiarezza sui suoni degli anni 80 con un libro dal titolo "Eighties Colours". Non solo per i nostalgici...
Quali sono i colori degli anni 80? Quel decennio policromo ha mille tinte e, anche tornando di moda, si rischia di aver tralasciato qualcosa. Roberto Calabrò, giornalista e scrittore attento, fa chiarezza sui suoni dimenticati di quel periodo in un libro. "Eighties Colours" viene pubblicato da Coniglio Editore, in edizione deluxe, e porta alla ribalta l’epopea del garage, del beat e della psichedelia italiana di 3 decenni fa. Una ricostruzione certosina, arricchita da foto d’epoca, della quale l’autore parla catturato dai ricordi vintage dei bei tempi andati.
C’è un buco nero nella storia del rock italiano, o almeno c’era prima del tuo libro…
Sì, prima dell’uscita di Eighties Colours un buco nero della memoria sembrava aver risucchiato la scena neo-Sixties italiana, ovvero il movimento musicale che tra il 1985 e il 1990 aveva riportato la magia, i suoni e i colori degli anni Sessanta nei grigi anni Ottanta. Tutte le ricostruzioni (saggi, documentari, romanzi) realizzate fino a poco tempo fa sui movimenti controculturali di quel decennio avevano preso in esame soltanto il post-punk (new wave e dark) o il punk/hardcore, mentre sui gruppi e sulle etichette discografiche del Sixties revival che avevano fortemente caratterizzato quel decennio era inspiegabilmente calata una cappa di oblio. L’intento del mio libro era ed è proprio quello di accendere nuovamente i riflettori sulla scena più vitale ed effervescente dell’underground italiano degli anni Ottanta.
Come mai dalla scena wave i giovani, tra l’85 e il ‘90 tornano verso il passato?
Perché non si sentivano in alcun modo rappresentati da quei suoni, da quell’estetica, da quella visione del mondo. E neppure da ciò che offriva in quel momento il mainstream, ovvero il pop da classifica melenso, plastificato, tutto sintetizzatori e batterie elettroniche, alla Duran Duran, Spandau Balleto Culture Club, per intenderci. Per evitare queste due strade senza via d’uscita, una generazione di ragazzi guardò al passato, e in particolare ai Sixties, come fonte inesauribile di ispirazione per sognare un presente diverso, ricco di luci, di colori, di suggestioni e di sonorità affascinanti. E quindi l’immediatezza del garage, il divertimento del beat, il fascino intrigante della psichedelica…
E’ inutile negarlo, quando si parla di musica, inevitabilmente il discorso ha grosse ripercussioni sulla moda e sul costume…
Come è ovvio che sia. Pensa che la scena neo-Sixties, che era confinata alle riviste di settore e alle fanzine, riuscì più di una volta ad ottenere attenzioni in altri ambiti non tanto per la bontà delle proposte musicali quanto per il look o la moda. Ricordo ancora un reportage sulla rivista Per lui in cui si parlava di questo aspetto. Ma è sempre stato così, anche negli anni Sessanta la stampa non specializzata puntava la sua attenzione sull’estetica e, in generale, sugli aspetti esteriori del movimento flower-power.
Quali sono secondo te i dischi più importanti usciti in quel lustro sul quale hai voluto investigare?
Ce ne sono molti, e molti di questi meriterebbero di essere ristampati. Per farti dei nomi ti dirò: Faces dei Sick Rose, L’universo dei No Strange, Il nostro è solo un mondo beat degli Avvoltoi, gli EP dei Not Moving, Four Wizards In Your Tea dei Magic Potion, la discografia completa degli Allison Run, l’omonimo mini-Lp dei Peter Sellers & The Hollywood Party, Sadness Boulevard degli Sleeves, Eerie Thoughts Collection pt 3 dei Backwards e Mummycat The World n.2 dei Views.
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2 commenti:
Grande, anche su Max...
Che figo Ursus nella foto!!!
Difficile escludere tra i primi 10 dischi qualcosa degli Steeplejack e i Birdmen of alcatraz del grande Maurizio Curadi.
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