mercoledì 8 settembre 2010
Vuoi giocare a Facebook con me?
Chi frequenta questo blog e mi conosce di persona sa bene che sono un avido frequentatore della Rete. Blog a parte, Internet è per me un utilissimo strumento di lavoro, ma anche di svago e divertimento. Oltre a un indispensabile mezzo di comunicazione, grazie ai diversi sistemi di messaggistica istantanea e VoIP.
Un uso così massiccio del web a volte, però, produce dei cortocircuiti. Tra quello che è pubblico e ciò che deve restare privato, ma anche nel campo delle libertà individuali.
Non tutto è pubblico e non tutto è consentito, anche se un dato inevitabile della presenza di una persona in Rete è un abbassamento della soglia della sua privacy, anche in termini di dati sensibili.
Però ci sono delle differenze. Se scrivo un post sul mio blog, visibile a tutti perché a un indirizzo pubblico, poi devo attendermi che qualcuno possa lasciare dei commenti (anche sgraditi) o scrivermi o ripostare i miei contenuti altrove.
La questione è diversa se si tratta di Facebook o altre piattaforme sociali, i famigerati “social network”. Lì, pur essendo in Rete, non si tratta di spazi aperti di libera espressione in cui scorrazzare a proprio piacimento, incuranti di qualsiasi tipo di regole o di bon-ton.
Facebook, per come è stato concepito, è una piattaforma che ha reso ancor più sottile il concetto di privacy. Come spesso mi è capitato di dire, “è un meraviglioso strumento per farsi i fatti degli altri”. Perché si possono venire a sapere cose di terzi, non direttamente collegati con te (basta un amico in comune), che diversamente rimarrebbero nella sfera privata: immagini, video, gusti, interessi politici, orientamenti sessuali, appartenenze religiose, luoghi e date in cui si è/si è stati.
Questo fa parte del gioco, se si è deciso di giocare (e, infatti, conosco molte persone a cui non va “di giocare a Facebook” per non compromettere la propria privacy).
Tuttavia ci sono delle regole oggettive e delle regole soggettive.
Abbandonare parte della propria sfera privata in un gioco un po’ narcisistico e un po’ voyeristico fa parte delle prime. Poi ci sono le regole soggettive, quelle che decidi tu. E a cui i tuoi amici “virtuali” devono attenersi, pena l’esclusione dal gioco.
Una delle regole d’oro per me è stata quella di accettare/richiedere l’amicizia su Facebook solo ed esclusivamente a persone che conoscevo o con cui avevo rapporti di tipo personale e/o professionale. Maglie molto strette per allontanare i ficcanaso o persone non gradite.
Tipo gli ex compagni di scuola che per anni fanno finta di non riconoscerti per strada, e poi appena ti beccano su “Faccialibro” eccoli appiopparti la richiesta d’amicizia (ovviamente rifiutata: le ipocrisie non mi piacciono).
Ora siccome passo la maggior parte delle mie giornate di fronte allo schermo di un pc, connesso alla Rete, non vedo nessuna differenza tra la mia vita reale e quella virtuale.
Se uno mi sta simpatico e lo frequento nella vita di tutti i giorni va da sé che lo stesso succede sul web. Per lo stesso motivo se uno mi sta sulle palle nella vita di tutti i giorni, non vedo perché – per quale astruso tipo di convenzione sociale – dovrebbe starmi simpatico su Facebook.
Capita, a volte, che le strette maglie dell’amicizia virtuale a volte si allarghino. E si accettino le richieste di persone che non si conoscono bene, ma solo “di fama”, per sentito dire o perché amici di amici.
Qualche giorno fa è capitato che uno di questi “amici” di Facebook (ma sconosciuti nella vita reale) ha preso a pretesto una civile conversazione in bacheca per iniziare a fare un’assurda polemica, frutto del suo livore e delle sue insoddisfazioni personali nei confronti della stampa musicale, attribuendomi cose che non ho mai detto né pensato.
Ho risposto civilmente la prima e la seconda volta. Poi, alla terza (dopo che il soggetto in questione aveva attaccato sul piano personale altri amici intervenuti nella discussione), mi sono rotto le scatole e l’ho bannato.
Un amico mi ha detto che si trattava di un comportamento censorio, un altro che in questo modo la discussione perdeva una voce fuori dal coro.
Io credo che non si tratti né dell’una né dell’altra cosa, ma semplicemente di buona educazione.
Del resto uno non viene a cena a casa tua e si mette a insultare te e gli altri commensali. E se la cosa capita, difficilmente inviterai questa persona di nuovo a cena…
La cosa buffa è che negli stessi giorni Vittorio Zambardino, ex giornalista di “Repubblica” e caro amico, ha avuto un analogo problema su Facebook. E ha chiarito alcune cose.
Ora Vittorio, oltre a essere un uomo saggio (o semplicemente di buon senso), è uno dei massimi conoscitori e teorici della Rete in Italia (il suo “Eretici Digitali”, scritto assieme a Massimo Russo, è un testo fondamentale, così come fondamentale è il suo blog d’autore “Scene digitali”, uno tra i più seguiti, se non il più seguito in assoluto, su Repubblica).
Così Zambardino scrive in una nota:
“Io sulla mia pagina Facebook cancello chi mi pare. Non solo perché è la “mia” pagina Facebook e la scrittura quindi è la sostanza di questo rapporto di amicizia e se permettete frequento gli amici che mi va di frequentare e soprattutto invito a casa mia chi dico io e non chiunque - e quindi, detta in altro modo, una pagina Fb non è un giornale, né un blog né un sito di giornale”. E poi continua dicendo che molte persone che leggono i suoi pezzi poi lo contattano su Facebook, pur non essendo né amici personali e neppure conoscenti. Lui il contatto lo concede, “ma poi lo elimino appena la convenzione amicale viene meno”.
Quindi non solo si ha il diritto di cancellare chi sfrutta il tuo spazio in maniera inopportuna, ma nella mia pagina Facebook ho anche il diritto di dare delle regole. Che, nel mio caso, sono abbastanza chiare:
- concedo/richiedo l’amicizia a chi conosco e frequento nella vita reale
- faccio volentieri una deroga a chi non conosco personalmente ma ha la cortesia di presentarsi (la maggior parte non lo fa…) e/o di rammentarmi se e dove ci siamo conosciuti
- mi piace la discussione, il confronto (a volte anche aspro), ma non tollero gli insulti e le insinuazioni volgari rivolte anche ad altri
Tre semplici regolette e pure di buon senso, credo. Non è molto, ma per chi vuole “giocare a Facebook” con me è tutto. Prendere o lasciare.
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5 commenti:
Perfetto ed esemplare. D'accordo su tutto.
ti avevo messo in guardia contro le derive dei social network. Questa volgare banalizzazione del potere della rete, tra poco prenderà il posto della TV, ripercorrendo strade che tristmente conosciamo. Allora non ci rimane che bandire i vari FB ed educare iragazzi ad un corretto uso della loro vita, virtuale e reale.
fabio cirano
d'accordo su ogni parola, anche io
@ Cirano: non sono d'accordo, Fabio.
Bandire Facebook sarebbe come buttare il bambino assieme all'acqua sporca.
Basta comportarsi in Rete così come ci si comporta nella vita reale. Ovvero con un minimo di intelligenza, buon senso ed educazione.
Avevo già espresso approvazione x quanto scritto da Roberto ed ora lo faccio anche per il commento di Robdarroch.
Anzi,trovo che questo pregiudizio nei confronti di internet (a volte i social network,altre volte i blog o quant'altro) sia moralistico e banale...sarebbe utile ricordare sempre che I MEZZI SONO NEUTRALI,è l'uso che se ne fa che determina il loro esito:i coltelli non servono solo ad uccidere le persone,ma a tagliare pane,verdure e altre cose che servono a vivere (ogni tanto riaffiora in me il cuoco) così anche io come tanti uso la rete in modo che reputo costruttivo,compreso facebook che ha infinite possibilità se le si vuole sfruttare...se poi qualcuno ha nostalgie dei tempi in cui le interviste si facevano col taccuino o con il walkman (con tanto di strafalcioni,frasi riportate male o addirittura inventate)sono affari suoi,io preferisco adeguarmi alla tecnologia,che non è un mostro cattivo,va semplicemente usata in modo corretto e i risultati raggiunti da gruppi su FB come EIGHTIES COLOURS ne sono la conferma...i rompicoglioni ci sono OVUNQUE,li si trova al bar,nei locali o anche nelle riviste a la page,basta saperli distinguere e poi evitarli,OF COURSE.
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