Due casi a confronto.
Due sordide storie di pedofilia, una vera e accertata, l'altra presunta e con tanti punti oscuri.
Al centro di tutto vi è la stampa e il modo di raccontare o non raccontare l'accaduto.
Partiamo dall'ultimo caso, quello di Rignano Flaminio.
Un mese fa sei persone (due maestre, una coordinatrice scolastica, una bidella, tutte in servizio presso una scuola materna; oltre a un autore televisivo e un benzinaio cingalese) vengono accusate di pedofilia e arrestate.
La stampa sbatte i mostri in prima pagina.
Dopo 17 giorni dietro le sbarre, gli indagati vengono rimessi in libertà perché gli inquirenti non sono stati in grado di trovare le prove.
Ora il caso è ancora aperto: degli abusi sono stati sicuramente commessi, ma non si capisce dove, quando e soprattutto chi li abbia commessi.
Però tutta la stampa ha già dato una sentenza definitiva, appiccicando un'etichetta infamante su sei persone (innocenti, fino a prova contraria).
Con il risultato che, oltre ai bambini abusati, ci sono altre vittime di questo approccio scandalistico all'informazione: i sei indagati, esposti al pubblico ludibrio senza che nessuna prova definitiva sia stata prodotta a loro carico.
Se la magistratura dovesse accertare la loro totale estraneità ai fatti, chi li ripagherà di un accusa così infamante, dei giorni trascorsi in carcere e del sospetto che si porteranno addosso per sempre?
Poi c'è un altro caso, un altro modo di fare giornalismo.
Mi riferisco al documentario "Sex Crimes and The Vatican" che la BBC ha mandato in onda sul finire del 2006 e che ha per oggetto gli abusi sessuali perpetrati da preti pedofili in America e nel Regno Unito.
Crimini schifosi nascosti dal Vaticano in ottemperanza del documento segreto "Crimen Sollicitationis" risalente al 1962 e in vigore fino al 2001, quando a capo della Congregazione per la dottrina della Chiesa vi era l'allora cardinale Joseph Ratzinger, oggi Sua Santità Papa Benedetto XVI.
E' notizia di ieri che Michele Santoro vuole acquistare dalla BBC i diritti di questo documentario per mandarlo in onda in una delle prossime puntate di "Anno Zero".
Ma in questo caso non c'è il rischio di sbattere il mostro in prima pagina.
Vista l'implicazione diretta del Vaticano, scatta la censura preventiva: il documentario non può essere trasmesso.
Il Vaticano, invece di spiegare come mai ha protetto per anni i pedofili in abito talare, si limita a bollare il documentario come "infame calunnia".
E trova una facile sponda nel presidente della commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai, il catto-fascista Mario Landolfi (AN) che si scaglia contro il servizio pubblico radiotelevisivo pronto a trasformarsi - parole sue - "in un plotone mediatico di esecuzione pronto a fare fuoco sulla Chiesa e sul Papa".
Secondo Landolfi e i suoi sodali, se si tratta di semplici cittadini "senza santi in Paradiso" allora la stampa può attaccare a testa bassa.
Se invece si tratta di "unti del Signore", allora bisogna mettere il bagaglio all'informazione.
Per fortuna, nell'era di Internet, non è semplice nascondere la verità.
Quello che si butta dalla porta, rientra dalla finestra.
Il documentario integrale, con sottotitoli in italiano, "Sex Crimes and the Vatican" è rintracciabile al seguente url: http://video.google.com/videoplay?docid=3237027119714361315
Questa volta non basterà un editto bulgaro o una scomunica della Chiesa a zittire le voci scomode.
2 commenti:
Quello che è scandaloso e assolutamente inconcepibile è la censura della Chiesa ne confronti di qualsiasi accusa, accertata o no.
Sarebbe così semplice ammettere che ci sono stati "casi isolati" di pedofilia, ammettere errori, isolare ed espellere i colpevoli.
Ma al contrario questa chiesa cattolica non fa altro che alzare muri, istigare "guerre" religiose, colpire chi non è cattolico o d'accordo.
In ogn icaso trovo ANCORA PIU' SCANDALOSO che la stampa italiana abbia riservato alla notizia uno scarsissimo rilievo.
Un po' Repubblica, il Corriere l'ha confinata in piccolo all'interno, il resto ha praticamente ignorato i ltutto.
STATO VATIOCANO altro che Italia
speriamo che non bastino (ma non è detto...)
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