martedì 23 febbraio 2010

Calabria: emergenza democratica





Sembra quasi un segno. La Calabria frana. Frana fisicamente, con la terra violentata dall'uomo che si ribella e travolge tutto. E frana moralmente.

Siamo al punto di non ritorno.

L'intimidazione subita ieri dal collega Peppe Baldessarro, giornalista del Quotidiano della Calabria e corrispondente di Repubblica, segue di neanche un paio di settimane l'attentato incendiario di cui è stato vittima il coraggioso blogger reggino Antonino Monteleone.
Dall'inizio dell'anno sono già 5 i cronisti minacciati dalla 'ndrangheta.
Senza dimenticare la bomba alla Procura generale e l'auto-arsenale fatta ritrovare il giorno della visita in città del presidente della Repubblica.

Tutti segnali inequivocabili. La 'ndrangheta ha alzato il tiro.
E, dopo avere asfissiato con la sua cappa di minacce e soprusi, la società reggina e calabrese, non tollera che ci siano dei tentativi, seppure ancora timidi, di reazione civile e democratica.

I magistrati debbono aggiustare le sentenze. I giornalisti occuparsi d'altro.
Il silenzio deve essere il più assoluto. In Calabria vale solo una legge: la loro.

Siamo arrivati al punto di non ritorno.

E lo si è perchè per troppo tempo si è chiuso un occhio, si è convissuto con la 'ndrangheta pensando che fosse un male minore.
"Fino a quando si ammazzano tra di loro, fino a quando non mi toccano di persona".

Conniventi sono state la politica, le istituzioni, a volte la Chiesa.
Ma conniventi sono stati anche i cittadini, la maggior parte di essi, che hanno in egual misura subito e anche alimentato la "mafiosità": quella dannata mentalità per cui ciò che spetta di diritto si chiede per favore, un individualismo miope in cui il senso civico è un optional da fessi, in cui il "chi te lo fa fare" è la risposta più comune a chi chiede soltanto di poter vivere onestamente e libero da soprusi.

Il cancro si è trasformato in metastasi: oggi la 'ndrangheta è parte integrante della società reggina e calabrese. La 'ndrangheta vive nella politica, nella classe imprenditoriale, nelle professioni.
I mafiosi frequentano i circoli d'elite della "Reggio bene", sono professionisti, imprenditori, politici affermati. Massoni.
Lo diceva il dottor Boemi, lo ripete oggi con forza il dottor Gratteri.
Due dei magistrati che hanno speso la loro vita a lottare contro la 'ndrangheta.

Siamo al punto di non ritorno.
E' arrivato il momento, non più procrastinabile, di tracciare una linea.
E di reagire.

Come sottolinea l'associazione daSud di cui mi onoro di fare parte.
Che oggi rilancia la grande partecipazione al No Mafia Day del prossimo 13 marzo:

"Di fronte a questa situazione allarmante, è necessario rompere gli indugi e ripartire dalla partecipazione, dalla rivendicazione di spazi e diritti, dall’affermazione di un’idea di Calabria che sappia scegliere rigore e progetto.

Subito.

L’occasione della manifestazione nazionale convocata sul web a Reggio Calabria per il 13 marzo – il No Mafia Day - dovrà servire a ragionare di ‘ndrangheta e malapolitica, di lavoro nero e Rosarno, di cattiva informazione e del Ponte sullo Stretto, il vero grande affare delle cosche e può rappresentare un passaggio importante di un percorso lungo e difficile di ricostruzione della nostra identità calabrese".

Il tempo è scaduto. Bisogna scegliere da che parte stare.
O di qua o di là. Il silenzio non è più una scelta possibile.

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